Pubblicato il Lascia un commento

Gv 6,53 e la salvezza dei non cattolici secondo l’esperienza di Gloria Polo

Il versetto di Giovanni in cui Gesù afferma:

«In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita» (Gv 6,53. Versione CEI 2008)

è uno dei passaggi più profondi e misteriosi del Vangelo. Mangiare e bere il Figlio dell’uomo significa certamente, come oggi si tende a sottolineare privilegiando una lettura figurata, accogliere la rivelazione del suo sacrificio e credere in lui; ma tale lettura figurata va intesa come complementare alla comprensione del significato reale e sacramentale, con cui l’intero capitolo sesto è stato letto lungo i secoli nella Chiesa cattolica e che resta il criterio normativo della Chiesa. Mangiare e bere il Figlio dell’uomo richiama dunque il dono dell’Eucaristia, il Corpo e il Sangue di Cristo come fonte di vita eterna. Da questa interpretazione nasce spontanea una domanda circa il ruolo della Chiesa nella salvezza dei non cattolici, coloro che non ricevono la Comunione eucaristica.

Una legittima e importante domanda


Visto che solo i cattolici in piena comunione interiore ed esteriore con la chiesa, cioè in comunione di fede, di sacramenti e di governo1, possono accostarsi lecitamente alla comunione eucaristica2, che destino eterno spetta a coloro che non ricevono la comunione eucaristica perché aderenti ad altre confessioni cristiane o religioni e

«cercano Dio con cuore sincero e si sforzano, sotto l’influsso della grazia, di compiere la sua volontà conosciuta attraverso il dettame della coscienza»3?

I punti fermi del magistero per cercare la risposta

Chi volesse trovare una precisa risposta alla domanda scottante appena posta invano la cercherebbe nei documenti magisteriali. In essi vengono, però, presentate alcune verità di fede che hanno valore di principia fidei (principi della fede) o fonti normative della ricerca teologica inerente la questione del rapporto che la Chiesa e le religioni non cristiane hanno con la salvezza degli uomini. Queste verità di fede, che elencherò qui sotto, dobbiamo, dunque, porre a fondamento della nostra ricerca, per giungere a rispondere alla nostra domanda, e cioè: alla luce di Gv 6,53, che destino eterno spetta a coloro che non ricevono la comunione eucaristica perché appartenenti ad altre confessioni cristiane o ad altre religioni.

Ebbene, al n. 20 della Dichiarazione Dominus Iesus (2000) della Congregazione per la Dottrina della Fede viene ricordato che

«la Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza»4

e che

«Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi» (1 Tim 2, 4).

Dobbiamo perciò credere che ogni salvezza ― anche dei non cristiani ― viene da Cristo attraverso la Chiesa, ma dobbiamo anche umilmente riconoscere che non sappiamo come ciò si realizza nel caso dei non cristiani5.

«Lo Spirito Santo offre ad ogni uomo, in modo che Dio solo conosce, la possibilità di essere associato al mistero pasquale»6.

«Perciò è specialmente necessario in questo contesto non pensare alla Chiesa soltanto né primariamente nella sua dimensione visibile e sociale, ma prima e soprattutto nella sua realtà di mistero interiore, spirituale, radicato nell’opera di Cristo che, mediante il suo Spirito, edifica il suo Corpo nella Comunione dei santi»7.

La risposta offerta dall’esperienza di Gloria Polo

Pur non trattandosi di una fonte magisteriale, l’esperienza di Gloria Polo offre un’interessante luce mistica8 in sintonia con il senso teologico del testo giovanneo. In profonda consonanza con quanto insegna il Magistero della Chiesa, la mistica esperienza di premorte vissuta dalla dentista colombiana Gloria Polo sembra offrire una risposta simbolica ma illuminante al nostro interrogativo. Nel passo della sua testimonianza in cui racconta di aver visto, nel Libro della propria vita, il momento della sua prima Comunione, emerge un’intuizione su come possa realizzarsi, nel misterioso disegno divino, la salvezza dei non cristiani in rapporto alla necessità di ricevere la Comunione eucaristica.
Questo racconto ci permette di comprendere anche lo straordinario ruolo che gli autentici mistici possono avere nel far compiere alla Chiesa un progresso nell’intelligenza della fede. Ascoltiamo:

Quando il sacerdote (all’inizio della messa) fece il suo ingresso in chiesa, con lui c’era Gesù. Dio Padre era presente in una bellissima nube luminosa che rese tutto trasparente e risplendente. Vi erano anche tutti gli angeli, tutti i santi e le anime del Purgatorio. Vi erano anche alcuni agonizzanti di tutte le nazioni della Terra e di tutte le religioni che per vie misteriose e straordinarie avevano accolto Cristo, dopo aver vissuto una vita retta nella loro religione che credevano vera. Erano presenti per ricevere il viatico perché solo chi mangia e beve il Corpo e il Sangue di Cristo potrà entrare immediatamente in Cielo (cfr. Gv 6,53). […]
Giunto il momento della comunione, Dio Padre con gioia paterna invitò tutti ad accostarsi all’altare, dicendo: «Venite piccoli miei, venite. Il banchetto del Pane disceso dal cielo è pronto. Mangiate e abbiate vita in abbondanza» (cfr. Sir 24,19-22; Pr 9,5; Mt 26,26). Vidi, dunque, che l’anima di coloro che ricevettero degnamente la comunione eucaristica fu riempita e rivestita di Cristo e del suo amore; Dio Padre, allora, nel guardare i comunicandi non posò più il suo sguardo sulle loro imperfezioni umane, ma sulla pura perfezione risplendente di suo Figlio Gesù9.

Conclusioni

Alla luce di quanto esposto, possiamo affermare che le parole di Gesù in Gv 6,53 conservano il loro pieno significato reale e sacramentale anche nei confronti di coloro che appartengono ad altre confessioni cristiane o ad altre religioni: l’Eucaristia rimane la fonte della vita eterna e il segno visibile della comunione piena con Cristo e con la sua Chiesa.
Sebbene il Magistero, come ricorda la Dominus Iesus, riconosca di non conoscere i modi misteriosi attraverso i quali Dio dona la salvezza per mezzo della Chiesa a quanti non appartengono visibilmente ad essa, l’esperienza mistica di Gloria Polo — pur non essendo fonte di fede — offre una luce simbolica che aiuta a contemplare l’opera silenziosa dello Spirito, capace di rendere partecipe del Corpo e del Sangue di Cristo anche chi, senza colpa, non appartiene alla Chiesa cattolica.
In tal modo, il “mangiare e bere il Figlio dell’uomo” resta un invito universale alla comunione sacramentale con Cristo: per i fedeli cattolici, chiamati a viverla pienamente; e per coloro che, seguendo sinceramente la voce della coscienza e la grazia, accolgono misteriosamente la luce del Verbo nella loro vita.


Note

  1. Cfr. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n 14. ↩︎
  2. cfr. Codice di Diritto Canonico (1983), can. 844,1; 915. ↩︎
  3. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 16. ↩︎
  4. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 14. ↩︎
  5. Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, dichiarazione Dominus Iesus, 2000, n. 21. ↩︎
  6. San Giovanni Paolo II, enciclica Redemptoris missio, 1991, n. 10. ↩︎
  7. Mons. Fernando Ocáriz, “I contenuti ecclesiologici della Dichiarazione”, in Conferenza stampa di presentazione della dichiarazione Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, 05.09.2000. ↩︎
  8. Questa testimonianza non sostituisce né integra in senso normativo il Magistero, ma offre un esempio di intuizione spirituale compatibile con la fede cattolica. ↩︎
  9. Flaviano Patrizi, Sono stata alle porte del cielo e dell’inferno. Nuova testimonianza della dott.sa Gloria Polo, seconda edizione, Himmel Edizioni, Colli al Metauro, 2021. ↩︎
"
Chi dona un libro buono, non avesse altro merito che destare un pensiero di Dio, ha già acquistato un merito incomparabile presso Dio
(San Giovanni Bosco)

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.