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Sant’Efrem Nuovo Martire: un esempio e un ammonimento per i cristiani

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Il 2 maggio 2011 il Santo Sinodo della Chiesa Greca ortodossa di Costantinopoli presieduto da Sua Santità Bartolomeo ha innalzato agli onori degli altari il santo martire Efrem di Nea Makri, città situata sul litorale Egeo della regione greca della Attica. Pochi anni dopo, il 24 aprile 2014, anche la Metropolia Ortodossa di Aquileia decise, nella Sessione del Santo Sinodo, di onorare Sant’Efrem Nuovo Martire come santo. Veniva così ufficializzato sia nell’oriente che nell’occidente greco ortodosso il culto ad uno dei santi più venerati dai cristiani greco ortodossi negli ultimi quarant’anni, il cui luogo di sepoltura era divenuto ed è tutt’ora meta di pellegrinaggi da Paesi anche lontani.

La decisione dei due Santi Sinodi della Chiesa greca ortodossa non si fonda sulle prove certe dell’esistenza storica di sant’Efrem, ma sulla rivelazione divina del suo luogo di sepoltura e dei particolari del suo martirio[1] e sulle numerosissime testimonianze di grazia ricevuta per sua intercessione sia in oriente che in occidente. Sant’Efrem, infatti, ottiene molti miracoli. Sembra sia particolarmente d’aiuto ai giovani e a coloro che assumono droga o altre sostanze.

Sant’Efrem di Nea Makri è vissuto dal 1384 al 1426. Il suo martirio è commemorato dalla Chiesa Greca Ortodossa il 5 maggio, mentre la scoperta e la traslazione delle sue reliquie il 3 gennaio; le reliquie furono scoperte mediante intervento divino nel 1950.

La chiesa cattolica e quella ortodossa sono ricchissime di martiri il cui sacrificio estremo ci è di sprone a santificare il nome di Dio, perché allora ― mi chiedo ― il cielo si è così tanto scomodato in questo nostro tempo per farci conoscere questo santo martire, a distanza di 524 anni dal giorno del suo martirio? Offrirò una mia personale risposta dopo aver descritto le esperienze mistiche che ci hanno donato la conoscenza di sant’Efrem di Nea Makri.

Índice della matèria

Ritrovamento miracoloso delle reliquie di sant’Efrem

La giovane suor Macaria nel 1945
La giovane suor Macaria nel 1945

Nell’estate del  1945 suor Macaria Desypri[2] trovandosi a Nea Makri decise di visitare le rovine dell’antico monastero maschile posto sul monte Amomon (it.: Immacolata) col desiderio di accendervi una candela a ricordo dei monaci che vi avevano abitato fino al quindicesimo secolo. Una voce interiore le disse che il luogo era santo. Decise, allora, di trasferirvisi come eremita e di ricostruirlo. Ottenuto dal vescovo locale il permesso, iniziò faticosamente i lavori, conducendo una vita di povertà e penitenza estrema.

Veduta del mare Egeo dal luogo in cui si trovavano i ruderi dell’antico monastero

Il 3 gennaio 1950 suor Macaria Desypri gironzolava fra le rovine del monastero. Immersa nella riflessione circa i martiri le cui ossa erano state sparpagliate su quel suolo e il cui sangue aveva irrigato l’albero dell’Ortodossia, pregò Dio perché le concedesse di poter vedere uno dei monaci che lì aveva vissuto. Dopo qualche tempo, le sembrò di avvertire una voce interiore che le diceva di scavare in un certo posto. Suor Macaria, allora, indicò il luogo ad un operaio che aveva assunto per fare riparazioni al monastero vecchio e questi lo fece fino ad incontrare le rovine di una vecchia cella. Quando giunse ad una profondità di quasi due metri dissotterrò un cranio. Un profumo ineffabile riempì l’aria. L’operaio impallidì e si ammutolì. Suor Macaria, dopo averlo congedato, si inginocchiò e baciò quelle reliquie con reverenza e poi continuò a scavare fino a liberare dalla terra le restanti ossa coperte dal rason[3].

Particolare del monastero dell’Annunciazione della Vergine Maria e di Sant’Efrem ricostruito da suor Macaria

Giunta la notte, suor Macaria andò in chiesa per la recita del vespro. Mentre recitava il vespro, udì un rumore di passi nel cortile in avvicinamento verso la porta della chiesa. Erano forti e regolari, come quelli di un uomo di forte carattere. Macaria si impaurì e non osò voltarsi, ma una voce le disse:

«Per quanto tempo mi lascerai qui?».

Si voltò e vide un monaco alto, con piccoli occhi tondi e la barba lungo fino al petto. La mano sinistra era luminosa e con la destra benediceva. Perdendo ogni timore e ripiena di gioia suor Macaria rispose:

«Perdonami. Mi prenderò cura di te domani, appena Dio provvederà la luce col sorgere del sole».

Il santo scomparve e Macaria continuò la recita del vespro.

Il mattino seguente, dopo la recita del mattutino, Macaria pulì le ossa e le ripose in una nicchia della chiesa vicino all’altare e accese una candela. Quella notte il monaco le apparve in sogno, la ringraziò per essersi curata delle sue reliquie e le disse:

«Grazie mille. Mi chiamo Efrem»

e le raccontò la storia della sua vita e del suo martirio.

Rivelazione della vita e del martirio di sant’Efrem

Efrem era nato in Grecia il 14 settembre 1384 a Trikala, in Tessaglia; il suo nome secolare era Costantino Morphes. Suo padre morì quand’egli era ancora piccolo e la pia madre dovette occuparsi da sola dei sette figli. Quando Efrem raggiunse l’età di quattordici anni il Signore guidò i suoi passi verso il monastero dedicato all’Annunciazione e a Santa Parasceva sul monte Amomon. Qui prese sulle sue spalle quella croce di Cristo, che tutti i suoi discepoli devono portare (Mt 16, 24). Infiammato dall’amore di Dio, sant’Efrem si immerse nella disciplina monastica. Per quasi ventisette anni imitò la vita dei grandi padri asceti del deserto. Seguì Cristo con divino zelo, allontanandosi dalle attrazioni di questo mondo. Per la grazia di Dio si purificò dalle passioni che distruggono l’anima e divenne dimora del Santissimo Spirito. Venne anche riconosciuto degno di ricevere la grazia del presbiterato e servì all’altare con grande riverenza e compunzione.

Nel 1424 il monastero fu distrutto dalle truppe turche musulmane dell’Impero Ottomano; Efrem scappò e visse per un altro anno da eremita vicino le rovine del monastero, ma la pace durò poco. Il 14 settembre 1425 i turchi incominciarono un’invasione via mare, saccheggiando i dintorni. Molti monaci furono torturati e poi decapitati. Vedendo che nulla poteva scalfire la calma di sant’Efrem, i turchi infuriati lo imprigionarono per torturarlo e costringerlo a rinnegare Cristo. Lo chiusero in una piccola cella senza cibo e acqua e ogni giorno lo picchiavano nel tentativo di farlo abiurare e piegarlo all’accoglienza della religione musulmana. Visto che gli orribili tormenti a cui fu sottoposto per otto mesi non avevano ottenuto quanto i carnefici musulmani desideravano, venne decretata la sua messa a morte. Martedì 5 maggio 1426 lo appesero a testa in giù ad un gelso ed incominciarono a torturalo crudelmente per l’ultima volta. Il suo corpo era seminudo e coperto di sangue. Prima di inferirgli l’ultimo colpo mortale gli domandarono:

«Dov’è il tuo Dio e perché non ti aiuta?».

Il santo non si perse d’animo, ma pregò così:

«O Dio, non ascoltare le parole di questi uomini, ma sia fatta la Tua volontà, secondo ciò che hai deciso».

Allora uno dei carnefici musulmani gli conficcò un tizzone ardente acuminato nello stomaco. Lo strazio fu estremo, ma sant’Efrem pregava in silenzio per i suoi carnefici. Creduto morto, vennero tagliate le corde che lo legavano all’albero e il corpo inerme di sant’Efrem cadde pesantemente a terra. Dopo un’ennesima scarica di calci, il santo aprì nuovamente gli occhi e pregò:

«Signore, a Te rendo il mio spirito».

Verso le nove del mattino la sua anima si separò dal corpo.

Un messaggio per il nostro tempo

Il martirio di sant’Efrem per opera dei turchi musulmani rimase dimenticato per circa cinquecento anni, nascosto in un profondo silenzio d’oblio fino al 3 gennaio 1950. Con esso il Signore ha voluto darci un esempio e un monito. Un esempio: di quell’eroismo cristiano che fa capaci di dare la propria vita anche per i nemici se ciò è utile a santificare il nome di Dio e a offrire al nemico la possibilità di aprire gli occhi sul vero Dio e il vero amore. Un monito: a non abbassare la guardia con i musulmani, con coloro cioè che, percepiscono il martirio come un atto aggressivo nel contempo suicidario e omicida e che, una volta al potere, giungono a torturare e uccidere chi non si sottomette alla loro religione[4].

Questo messaggio è molto attuale per la Grecia. La Turchia rivendica, infatti, oltre alla Siria e all’Iraq, territori greci in cui risiede una minoranza musulmana. Il 15 ottobre 2016, in un discorso tenuto all’università che porta il suo nome, Recep Tayyip Erdoğan, presidente turco, ha rivelato la propria nuova politica estera e annunciato l’intenzione di riconquistare i territori tolti dalla Grecia alla Turchia dopo la disfatta nella prima guerra mondiale. Ciò per tenere fede al giuramento nazionale (Misak-ı-Millî) dell’ultimo parlamento ottomano, il 12 febbraio 1920. Il presidente turco ha menzionato, in particolare, la Tracia Occidentale e il Dodecaneso.

A dicembre 2017 Kemal Kılıçdaroğlu, leader del Partito Repubblicano del Popolo (CHP, socialista) aveva annunciato che nel 2019 la Turchia invaderà 18 isole greche, perché «non esiste alcun documento» che provi che queste isole appartengano ad Atene.

Il problema, però, non è solo per la Grecia, ma per tutta l’Europa. Saprà, allora, la nostra Europa accogliere l’esempio e il monito che il Signore ha voluta dargli con la scoperta del martirio di san Efrem? Saprà cioè accogliere il vero mendicante di amore: Gesù Cristo, che gli offre il suo dolce giogo[5]? E saprà rifiutare il falso richiedente accoglienza: l’orda musulmana, che erroneamente viene percepita da certi governanti come la soluzione all’invecchiamento della popolazione europea? Saprà, in definitiva, evitare di scavarsi la propria fossa? Per il momento pare di no. Lo stesso papa Francesco per anni ha favorito nei confronti dello straniero questa accoglienza indiscriminata, che non ha fondamento biblico[6].

L’accoglienza nella Bibbia

La Bibbia distingue accuratamente nel Vecchio Testamento tra gli stranieri coloro che sono di passaggio (in ebraico: nokri), i residenti (gher o toshav) e quelli che appartengono ad altre nazioni (zar) e destina ad essi trattamenti differenti. I primi vengono considerati inassimilabili[7], i secondi, dopo l’esilio babilonico, dovendo abbracciare la religione ebraica[8], pur non essendo autoctoni, sono più o meno associati alla gente del posto[9]; mentre i terzi sono considerati ordinariamente dei nemici da evitare[10] e più tardi da illuminare[11].

È vero che con l’avvento di Gesù, «luce per illuminare le genti», il comando dell’amore raggiunge la perfezione fino ad inglobare i nemici: «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano»[12], per cui nessuno straniero può essere considerato indegno a ricevere lo Spirito Santo d’amore e va quindi accolto e amato, ma il comando dell’amore non può essere inteso come un invito ad un’irrazionale accoglienza indiscriminata del nemico, come un invito a metterselo in casa. Infatti Gesù disse: «Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe»[13]. È proprio della prudenza, allora, accogliere in casa propria solo l’amico o chi potenzialmente può diventarlo (straniero compreso).  Il nemico che vuole rimane tale deve essere amato nella misericordia, e cioè: perdonato, ma non deve essere accolto imprudentemente in casa propria. È una verità talmente evidente e alla portata di tutti che non ha bisogno di commenti. Potrebbe essere però utile per rafforzare il concetto riportare la seguente citazione tratta dal libro del Siracide[14] in cui si parla dell’estraneo nemico:

«Non portare in casa qualsiasi persona, perché sono molte le insidie del fraudolento. Una pernice da richiamo in gabbia, tale il cuore del superbo; come una spia egli attende la tua caduta. Cambiando il bene in male tende insidie, troverà difetti anche nelle cose migliori. Con una scintilla di fuoco si riempie il braciere, il peccatore sta in agguato per spargere sangue. Guàrdati dal malvagio, poiché egli il male prepara, che non contamini per sempre anche te. Ospita un estraneo, ti metterà sottosopra ogni cosa e ti renderà estraneo ai tuoi»[15].

Conclusioni

L’Europa purtroppo ha perso la sua autentica identità cristiana, per cui non sente più la necessità di consultare le Sacre Scritture cristiane. Se lo facesse, riceverebbe da esse il discernimento per riconoscere il vero amore, la prudente accoglienza e la possibile solidarietà: bisogna amare tutti, compreso il nemico; si accoglie in casa l’amico o chi è potenzialmente tale e si può essere solidali solo con chi persegue fini coerenti col proprio sistema valoriale. Se l’Europa credesse e accogliesse questi assunti sapienziali non cadrebbe vittima dei falsi profeti che le consigliano di aprire le porte a milioni di musulmani.  Se l’Europa non ritorna a Cristo, se cioè non rifiuterà l’aborto e non favorirà l’istituto del matrimonio eterosessuale con idonee politiche famigliari finalizzate alla crescita demografica,  è possibile che finirà per risvegliarsi dal sonno della sua intelligenza  sotto la shari’a[16], ma, badate bene,  non a causa di una invasione bellica islamica, ma di una invasione demografica islamica[17] e di votazioni democratiche!

Flaviano Patrizi


Note

[1] Per tale ragioni i credenti greco ortodossi lo appellano con il termine di santo “neo-rivelato”.

[2] Suor Macaria Despyri (gr. Μακαρία Δεσύπρη), al secolo Margarita Despyri, naque il 12 marzo 1911 nel villaggio greco di Falatados situato sull’isola Tinos nel mar Egeo e morì il 23 aprile 1999 nel monastero da lei fondato: monastero dell’Annunciazione della Vergine Maria e sant’Efrem.

[3] Ampio e leggero soprabito nero con maniche larghissime, comune a ogni grado monastico ed ecclesiastico nella chiesa greco ortodossa.

[4] Il sostantivo verbale arabo “Islām” (in arabo: إسلام‎) significa appunto “sottomissione”.

[5] «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Matteo 11,29-30). «Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (Marco 10,38).

[6] Per un approfondimento: Carlo Maria Martini, La figura dello straniero nella scrittura, intervento al convegno “Integrazione e integralismi. La via del dialogo è possibile?”, Cesano Maderno, 19.01.2001.

[7] Tali pure la “donna straniera” e più particolarmente la prostituta, che trascina sovente all’idolatria (cfr. Proverbi 5).

[8] Cfr. Neemia 10,31; Esdra 9-10.

[9] «Il Signore rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito. Amate dunque il forestiero» (Deuteronomio 10,18-19). Vedere anche: Es 22,20; 23,9; Lv 19,10; 23,22; Dt 1,6; Lv 20,2; Es 19,48s; Lv16,29; 24,16; Ez 47,22

[10] «Il vostro paese è devastato, le vostre città arse dal fuoco. La vostra campagna, sotto i vostri occhi, la divorano gli stranieri» (Isaia 1,7).

[11] «Io ti ho formato e stabilito come luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri» (Isaia 42,6). «Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la salvezza fino all’estremità della terra» (Isaia 49,6).

[12] Matteo 5,44 par.

[13] Marco 10,16.

[14] Il libro è stato molto probabilmente scritto nel periodo di massima ellenizzazione della Terra Santa, dovuta alla dominazione seleucide. Questa dominazione sotto Antioco Epifane IV nel 168 a.C. divenne profanazione del tempio stesso con l’erezione in esso di un altare dedicato a Zeus; atto che nel libro del profeta Daniele viene denominato abominio della desolazione (o devastazione, Daniele 9,27; 11,31). Anche nel vangelo di Marco viene ripreso il termine che viene riferito alla rovina del tempio nel 70 d.C. e come espressione iperbolica di una grande prova contro la fede propria di tutti i tempi cristiani, ma in particolare di quelli apocalittici (Cfr. 2 Tessalonicesi 2,3-4)

[15] Siracide 11,29.

[16] Legge islamica coranica.

[17] La popolazione islamica ha un alto tasso di fertilità. In media una donna musulmana ha 3,1 figli contro i 2,3 degli altri gruppi religiosi. In uno scenario a zero immigrazione futura, si stima che la popolazione musulmana in Europa aumenterà di circa 10 milioni di unità entro il 2050 (circa il 7,4 % della popolazione totale). Tale dato trova le sue fondamenta nell’attuale tasso di fertilità ed in quello stimato per i prossimi decenni, oltre che nella giovane età dei musulmani residenti in Europa, nettamente inferiore rispetto a quella degli altri gruppi religiosi e non credenti. In uno scenario a media immigrazione, basato sul mantenimento del recente tasso di migrazione regolare verso il continente europeo nei prossimi decenni, ma senza più ulteriori richiedenti asilo, si stima che la popolazione musulmana in Europa arriverà a contare circa 58 milioni di unità nel 2050 (circa l’11,2% della popolazione totale). Infine, in uno scenario ad alta immigrazione, basata sul mantenimento del recente tasso di migrazione da parte sia dei migranti regolari che dei rifugiati, si stima che la popolazione musulmana in Europa aumenterà fino a raggiungere circa 75 milioni di unità nel 2050 (circa il 14% della popolazione totale) (Cfr. Pew Research Center, Europe’s Growing Muslim Population, Pew-Templeton Global Religious Futures Project, 10 novembre 2017.