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De habitu sancto ovvero la fede fa l’àbito.

Un libro da lèggere e regalare

Il 25 Gennàio 2022, nel giorno della Conversione di san Pàolo, padre Giuseppe Agnello ritorna a fare dono ai lettori di un suo libro, stavolta un sàggio di vita spirituale, di fede vissuta, di ricchezza bíblica, di stòria della Chiesa, di attualità e di verità dei segni, di lavoro certosino per comprèndere tanti problemi ecclesiali visíbili ai piú avvertiti e ignorati dai piú.

In 275 pàgine scorrévoli, eleganti e sapienti, il sacerdote della diòcesi Patti (ME), che vuole richiamare i confratelli e i religiosi in gènere all’importanza di èssere riconoscíbili anche a tutti attraverso i segni della pròpria consacrazione (talare, sàio, veli…), accompagna il lettore in un percorso quasi catechètico che ha come fine il non conformarsi alla mentalità di questo mondo o alle nostre disordinate passioni e inclinazioni. Già negli esergo a pàgina 6 si capisce questo. Il primi 5 vàlgono per tutti e sono tutti bíblici, gli últimi due per i sacerdoti. E il programma del libro è tutto qui: «Il vestito di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura rivèlano quello che è» (Sir 10, 30) e «chiunque è generato da Dio vince il mondo» (1 Gv 5, 4). Infatti coloro ai quali il Nostro si rifà e appòggia, sono tutti dei vincitori, nel senso che possiamo dare a campioni della fede, noti o ignoti, straordinarî od ordinarî: i beati Natale Pinot, Antònio Rosmini Serbati e Rolando Rivi; i santi Antònio abate, Francesco d’Assisi, Riccardo Pampuri, Josemaria Escrivà; i santi papi Giovanni XXIII e Giovanni Pàolo II; uòmini e donne del nostro tempo come mons. Atanasius Schneider o il sacerdote francese Michel-Marie Zanotti Sorkine, e molti altri.

Il libro monogràfico di don Giuseppe, anziché restríngere e limitare la ricerca al tema dell’àbito, lo allarga sempre alla vita della Chiesa, delle persone, dei santi, della gente comune, che vive in un contesto in cui una lotta invisíbile condotta dal demònio è sottesa a problemi visíbili nella Chiesa e nel mondo. Scrive a propòsito: «La tècnica del Divisore è questa: aprire una piccolíssima fessura o sfruttarne una già aperta, per insinuarsi con proposte di “libertà” e “maturità nella fede” che prevèdano il graduale e sempre crescente tradimento del Vangelo e del Magistero della Chiesa» (pp 98-99). Ma il sacerdote acquedolciano non ci sta a cédere nessún centímetro al Nemico: parla dell’ànima come supremo interesse di Dio e come calamita e perno della vita divina in noi (Quando essa desídera ciò che desídera Dio, diventa un giardino); parla dei frutti da cui è fàcile riconóscere i cristiani; ci ricorda che «dall’ascolto di Dio e da una vita di fede esce fuori l’àbito [habitus] che nessuno potrà strapparci di dosso» (p.59); combatte l’ostentazione e descrive con acume e gràzia la vera modèstia; entra nella stòria dei perché e dei come si è arrivati, per i consacrati e sacerdoti, a un àbito distintivo e “cristoloquente” (non è il solo neologismo che troverete nel libro dell’autore! Egli ha una perfetta padronanza della língua italiana, tanto da fare l’onomaturgo e da proporre una riforma ortogràfica che noi stessi della Himmel abbiamo accolto). Pèrmea di santo equilíbrio cattòlico ognuno dei XVI capítoli del trattato e lo àuspica in modo speciale quando si ferma a parlare del Concílio Vaticano II e della vita della Chiesa post-conciliare: «Questa è la sfida della stòria del XXI sècolo, riguardo all’habitus e riguardo alla pacificazione di ogni conflitto: riunificare le virtú e non sottrarre alle verità síngole la giòia e il santo equilíbrio di stare insieme» (p.96).

Nella confusione generale, padre Giuseppe Agnello, ha sempre parole chiare, pesate e sostenute da numerose citazioni della Parola di Dio e di documenti magisteriali, di santi e di scrittori famosi. Ma non manca di stupirci quando cita persino un nô giapponese (è un’òpera teatrale), o il cantante Bublè, o qualche presentatrice televisiva palesemente incoerente con la sua fede ostentata nel rosàrio.

Quando risponde alle obiezioni all’uso dell’àbito, scopriamo lo spírito apologètico del sacerdote siciliano, che si disarma solo davanti alle obiezioni di coscienza. Grande umiltà si potrà scòrgere in queste parole: «Tutte le mie risposte alle obiezioni già viste sono a idee errate di uòmini recalcitranti; questo cedimento è invece davanti alla convinzione segreta di una coscienza sicura» (p.174).

Nei capítoli finali, le parole degli últimi papi sull’argomento, le apparizioni mariane e di Gesú da molto tempo, e il diritto canònico attuale, dànno conferme al significato teològico, sociale, e psicològico dell’àbito santo, che per la Chiesa non è una “pezza”, ma un sacramentale.

Non vi resta che lèggere il libro “anticlericalístico”, ma solennemente sacerdotale, di padre Giuseppe e regalarlo a sacerdoti e suore, frati e mònaci, spècie se in crisi di identità o di fede. Egli, infatti spiega: «Ciò che vale in generale per ogni uomo, e in particolare per ogni cristiano, vale in modo eminente per il sacerdote ministro di Dio, che non deve assolutamente èssere contaminato dal mondo. Ecco perché la píccola Giacinta Marto, sicura della sapienza della Madonna di Fàtima, pur avendo otto anni ed essendo in punto di morte in ospedale, disse a una suora che l’assisteva: “I sacerdoti dèvono occuparsi solo delle cose di Chiesa”, cioè non dèvono seguire le mode e i pensieri del mondo; né èssere clericali, secondo la precisa spiegazione che a commento del cànone 227 di Diritto canònico dà Savèrio Ervada : “è d’importanza fondamentale il diritto di libertà nel temporale. Quando non si rispetta questo diritto, fanno la loro comparsa le diverse forme di clericalismo, ossia d’intervento dei chièrici nelle questioni temporali, con l’assunzione di ruoli di preminenza che non compètono loro; il clericalismo è un attentato alla libertà dei làici ed un abuso delle funzioni clericali, giacché i chièrici si dèvono limitare alla cura dei negòzia ecclesiàstica”. Ciò li preserva dal fare i polítici, gli economisti, gli affaristi, i mèdici e i sindacalisti, pur difendendo i diritti di Dio e il bene delle persone in ogni àmbito. Clericalismo non è portare una talare ogni giorno, ma ritenere incapaci i làici di portare Cristo e il suo messàggio nei loro ambienti di vita» (pp 245-246).

Per noi questo libro è un capolavoro di santo equilíbrio cattòlico e ha pure uno stile letteràrio da scrittore provetto. Arrivati all’última pàgina, si è conservata la curiosità, il gusto e la giòia delle prime pàgine. Dispiace pure che sia finito! Ma sale un gràzie profondo a Dio e alla sua Madre santíssima che l’autore aveva invocato (pp 30-31) all’inízio dell’òpera: «Alma Mater equilibrii, manda alla Chiesa di tuo Fíglio tanti santi e perseveranti sacerdoti, che risvéglino la fede, speranza e carità del pòpolo di Dio, come sa fare don Giuseppe Agnello, tuo fíglio dilettíssimo».

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