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Alexandrina Maria da Costa apòstola dell’Eucaristia

La cooperatrice salesiana e apòstola dell’Eucaristia Alexandrina Maria da Costa (Balazar, 30 marzo 1904 – Balazar, 13 ottobre 1955), beatificata da Giovanni Pàolo II il 25 aprile 2004, rifulge tra i santi «che nell’Eucaristia hanno trovato l’alimento per il loro cammino di perfezione. ¡Quante volte essi hanno versato làcrime di commozione nell’esperienza di cosí  grande mistero ed hanno vissuto indicíbili ore di giòia “sponsale” davanti al Sacramento dell’altare!» (Mane nobiscum 13).

La promessa dei primi 6 giovedí del mese

Il nome di Alexandrina Maria da Costa resterà per sempre legato, nella stòria della Chiesa, non solo alla Consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria effettuata da Pio XII nell’ottobre del 1942, della quale Alexandrina si era fatta portavoce a partire dal 1935, ma anche per èssere stata l’apòstola dell’Eucaristia. Il suo nome, infatti, va ad unirsi a quello della mística francese santa Margherita Maria Alacoque e a quello della veggente di Fàtima suor Lucia, per èssere state, la prima, apòstola del Sacro Cuore di Gesú e della comunione riparatrice nei primi 9 venerdí del mese, e la seconda, apòstola del Cuore Immacolato di Maria e della comunione nei primi 5 sabati del mese in riparazione delle offese fatte alla Santa Vèrgine. Ad Alexandrina Gesú affidò il compito di diffòndere l’amore per la santíssima Eucaristia e la comunione nei primi 6 giovedí del mese, invitando ad adorare nel «mistero della fede» la sua presenza reale e a contemplare il suo perenne Sacríficio attraverso il ricordo delle sante Piaghe. Infatti Gesú fece le seguenti richieste e promesse:

«Fíglia mia, mia cara sposa, fà che io sia amato, consolato e riparato nella mia Eucaristia. Dí in mio nome che a quanti faranno bene la Santa Comunione, con sincera umiltà, fervore e amore nei primi 6 giovedì consecutivi e passeranno un’ora di adorazione davanti al mio Tabernàcolo in íntima unione con me, prometto il Cielo… Coloro che al ricordo delle mie Piaghe uniranno quello dei dolori della mia Madre benedetta e per essi ci chiederanno gràzie sia spirituali che corporali, hanno la mia promessa che saranno accordate, a meno che non siano di danno per la loro ànima. Nel momento della loro morte condurrò con me la mia Santíssima Madre per difènderli».

L’invito che Gesú ci rivolge attraverso Alexandrina è quello di vívere uniti a Lui sempre, estendendo questa unione íntima e familiare in tutti gli spazî della nostra vita e custodendo il dono della sua presenza nella nostra ànima attraverso l’amore del pròssimo, il silènzio e la preghiera. Infatti circa questa vita di comunione e di adorazione, Gesú cosí si esprime con la sua fíglia e sposa prediletta:

«Parla dell’Eucaristia, prova dell’Amore infinito: è l’alimento delle ànime. Dí alle ànime che mi àmano, che vívano unite a me durante il loro lavoro; nelle loro case, sia di giorno che di notte, si inginòcchino sovente in spírito, e a capo chino dícano: “Gesú, ti adoro in ogni luogo dove àbiti sacramentato; ti fàccio compagnia per coloro che ti disprèzzano, ti amo per coloro che non ti àmano, ti dò sollievo per coloro che ti offèndono. Gesú, ¡vieni al mio cuore!”. Questi momenti saranno per me di grande giòia e consolazione. ¡Quali crímini si commèttono contro di me nella Eucaristia!».

Alessandrina si alimentò per 13 anni si sola Eucarestia

Che cosa possa cómpiere Gesú Eucaristia in un’ànima, ce lo insegna molto bene la vita di Alexandrina: durante i 30 anni trascorsi a letto paralizzata e tra dolori sempre più devastanti a càusa della mielite alla spina dorsale, Alexandrina fece della sua vita un dono d’amore a Dio Padre per soccórrere e salvare in unione con Gesú crocifisso e risorto le ànime dei peccatori. Amò tutti in modo sóprannaturàle, irradiando con il suo sorriso ed il suo sguardo la vita divina su quanti la avvicinàvano. In lei Gesú Eucaristia realizzò in pienezza il místero dell’incarnazione espresso da san Pàolo con le parole: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me»; inoltre, per manifestare al mondo la vita divina che Egli ci comunica attraverso il «fàrmaco dell’immortalità», Alexandrina visse durante gli últimi 13 anni della sua vita solo di Eucaristia, in un digiuno totale di cibo e di acqua.

La malattia, la passione e la Consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria

Ànima veramente eucarística, Alexandrina era nata a Balasar, píccolo paese nel nord del Portogallo, il 30 marzo 1904, mercoledí della Settimana Santa. A 14 anni non esitò a saltare dalla finestra di casa per fuggire da tre uòmini del paese, che si èrano introdotti in casa con cattive intenzioni. Le conseguenze di quel salto fúrono tali che a 21 anni si ritrovò completamente paralizzata. Nella solitúdine della sua cameretta, Alexandrina diventò l’àngelo consolatore di Gesú Eucaristia presso tutti i Tabernàcoli del mondo, vivendo continuamente unita a Lui, in spírito di amore, di adorazione e di riparazione. Fece parte del movimento eucarístico «Le Marie dei Tabernàcoli» e di quello mariano «Le Fíglie di Maria ». Il suo programma spirituale «amare, soffrire e riparare », ispiràtole da Gesú, racchiude la sua vocazione di ànima víttima per la salvezza delle ànime. A partire dal 1935, con il gesuita p. Mariano Pinho, suo primo direttore spirituale, fu la portavoce di Gesú presso il Santo Padre affinché il mondo, minacciato dalla seconda guerra mondiale e dal diffòndersi dell’ateismo, venisse consacrato alla Vérgine Madre.

«Come chiesi a santa Margherita Maria la consacrazione del mondo al mio Cuore divino, cosí ora io chiedo a te che sia consacrato al Cuore della mia Madre santíssima».

Il segno dato dal Signore per avvalorare l’orígine divina di questa richiesta fu la sua Passione rivissuta in Alexandrina. Infatti dal 3 ottobre 1938 fino al venerdí santo del 1942 Alexandrina, ogni venerdí, dalle 12 alle 15 del pomeríggio, andava in èstasi, riacquistava i movimenti del corpo, e alzàndosi dal letto riviveva nella sua stanza le vàrie fasi della Passione di Gesú, dall’agonia nel Getsèmani fino alla crocifissione sul Calvàrio. Quando Pio XII consacrò il mondo al Cuore Immacolato di Maria, cessò in Alexandrina la Passione di Gesú visíbile in questa forma attraverso i movimenti del corpo, ma continuò interiormente per tutta la vita. Nella settimana santa dello stesso anno, 1942, iniziò il digiuno totale che si protrasse fino alla sua morte, avvenuta il 13 ottobre 1955. La sua vita fu un miràcolo eucarístico vivente. Gesú le disse:

«Fàccio che tu viva solo di me, per provare al mondo ciò che vale l’Eucaristia e ciò che è la mia vita nelle ànime: luce e salvezza per l’umanità» (1954).

La devozione ai Tabernàcoli

Dal 1944 la diresse spiritualmente il salesiano don Umberto Pasquale, che fu anche il suo principale biògrafo e che, con la Comunità salesiana di Mogofores (Portogallo), curò la trascrizione su foglî dattiloscritti delle migliàia di pagine del diàrio di Alexandrina, un vero tesoro nella stòria della mística. Sono pàgine di alto valore teològico e spirituale, che illúminano il mistero di Cristo, dono del Padre perché l’uomo viva. Attraverso Alexandrina Gesú chiede che

«venga ben predicata e ben propagata la devozione ai Tabernàcoli, perché per giorni e giorni le ànime non mi vísitano, non mi àmano, non ripàrano… Non crédono che io àbito là. Vòglio che si accenda nelle ànime la devozione verso queste prigioni d’amore… Sono tanti coloro che, pur entrando nelle Chiese, neppure mi salútano e non si sofférmano un momento ad adorarmi. Io vorrei molte guàrdie fedeli, prostrate davanti ai tabernàcoli, per non lasciare accadere tanti e tanti crímini» (1934).

Pochi mesi prima di morire la Madonna le disse:

«Parla alle ànime. ¡Parla dell’Eucaristia! ¡Parla loro del Rosàrio! ¡Che si alimèntino della Carne di Cristo, della preghiera e del mio Rosàrio!» (1955).

L’Última Cena di Gesú nelle visioni della beata Alexandrina

Dal volume La Passione di Gesú in Alexandrina Maria Da Costa, curato da don Umberto Pasquale, secondo Direttore spirituale della grande mística, ricaviamo alcuni brani relativi all’Última Cena, in cui Alexandrina descrive e vive in modo místico il grande evento dell’istituzione dell’Eucaristia.

«Al cadere della sera, la grande Cena dell’amore: ¡Amore che tanta ingratitúdine ricevette! Vedo lo spírito e le cure con cui viene preparata: vedo che sarà la Cena dell’amore, delle meravíglie, come nessun’altra mai. Sento che Gesú sta dando gli órdini ai suoi e, fermàndosi ad ogni passo, fissa con divini sguardi la Città ingrata, l’Orto della grande amarezza, il Calvàrio che Lo attende.

“Si mise a tàvola con i suoi apòstoli” (Lc 2,14). Salii con Gesú e gli apòstoli verso la grande sala del banchetto pasquale. Nel salire la scalinata, sentivo che Gesú era impaziente di mangiare quella Cena con i suoi apòstoli. Prima di cominciare la cerimònia, vidi la Mamma in làcrime e con i capelli disciolti, tutta immersa nel dolore. Gesú mi fece comprèndere che, poche ore dopo, Ella sarebbe andata in quello stato ad incontrarlo lungo le strade dell’amarezza. ¡Fu grande il dolore del divín Cuore per la visione delle làcrime della Mamma! Vidi Gesú sedersi a mensa con gli apòstoli. Mentre si sedeva, esclamò tra sé: “Cibo divino: ¡la Cena del mio amore!”. La sala si illuminò e tutti gli apòstoli fúrono imbevuti di quell’amore che irradiava dagli occhî, dalle labbra, da tutto il suo Èssere: Gesú era tutto amore. Era amore, amore, soltanto amore; amore per affrontare malvagità e ingratitúdine. Giuda, non era più Giuda: già si vedeva in lui veramente il demònio. Con il demònio in sé, non accolse l’amore di Gesú .

“Prendete e mangiate; questo è il mio corpo… Bevétene tutti perché questo è il mio sàngue” (Mt 26,26-27). ¡Che notte! ¡Che santa notte! La più grande di tutte le notti. La notte del più grande miràcolo, del più grande amore di Gesú . Il suo divín Cuore era legato a coloro che gli èrano tanto cari. Per potér partire, doveva rimanere tra loro; per salire al cielo, doveva rimanere sulla terra. Lo obbligava a questo il suo divino amore. ¡O sofferenza amata! ¿Chi ti comprenderà? Vorrei che tutti conoscéssero il mistero del pane e del vino trasformati nel Corpo e nel Sàngue del Signore. ¡Miràcolo prodigioso! ¡Abisso insondàbile di amore! Per quanto mi sentissi immersa in quel mistero, non lo compresi al punto da saperlo spiegare: lo seppi solo sentire e soltanto in cielo lo comprenderò. Vidi il dolce Gesú benedire il pane. Vorrei sapér dire, potér far vedere gli sguardi che Gesú innalzò al cielo nel momento della benedizione. Con gli occhî fissi al cielo, in fiamme di fuoco, Gesú pregò a lungo il suo Eterno Padre. Il volto era tanto infiammato che pareva avere in sé, più che una somiglianza nostra, soltanto la vita del cielo. Non pareva più uomo, ma soltanto Dio: amore, solo amore. Tanta luce, tanto amore, pervase tutti: Gesú, gli apòstoli e me. ¡Che incanto! Con gli occhî pieni di fàscino e con un sorriso dolce, benediceva il pane che poco dopo distribuiva a tutti. E in quel momento di amore e di miràcolo senza uguale, sentii che il mondo era un altro: Gesú si dava in alimento all’umanità. Partiva per il cielo, ma rimaneva con essa.

“Chi màngia la mia carne e beve il mio sàngue rimane unito a me e io a lui” (Gv 6,56). L’Eucaristia, ¡mio Dio! ¡Che meravíglia, quando Gesú la istituì! Scena toccante, scena solo di amore. Giammai sentii tanto al vivo la tenerezza, l’amore di Gesú verso i suoi apòstoli. Tutti si cómunicàrono dalle sue mani, infiammati d’amore. Devo dire che ¡anche Giuda si comunicò! Egli stava più appartato; Gesú stese la sua mano divina verso di lui, con il Cibo celeste. Súbito dopo, Giuda rimase come un dannato, tanta era la sua disperazione. Gesú parlava sempre con la stessa dolcezza e con tèneri sorrisi. Gli apòstoli, in quell’ora più che mai, si saziàrono di Gesú. Si infiammàrono di amore e giúnsero a comprèndere quanto Egli diceva loro. Sperimentai, per alcuni momenti, l’immensità dell’amore di Gesú: grande come il cielo e la terra; grande come la grandezza di Dio. ¡Come Egli amò! ¡Come Egli ama! Non desídera altro che viviamo di Lui e per Lui. La Mamma, un po’ in disparte, ma presente, partecipava a tutto».

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