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Omelia: V Doménica del T.O. – Anno C

Letture della messa del giorno

Oggi la Divina Liturgia ci dà due certezze sulla qualità della fede: quanto vale la parola di Dio (la fides quae; cioè le cose credute perché rivelate da Dio stesso) e quanto vale la nostra obbedienza a quella parola (la fides qua; cioè la fidúcia che accordiamo ai contenuti della fede).

Dio si fida di quello che possiamo fare noi, ma desídera che noi facciamo tutto «sulla sua parola», cioè che ci appoggiamo alla cosa piú autorévole, sàggia, vitale ed eterna che ci sia: la sua parola. La grandezza dell’uomo si appòggia sulla parola di Dio; la sua vocazione, pure; il suo successo non calcolato e imprevedíbile, pure. Quindi, come è certo che la Parola di Dio è salda e sicura, come ròccia che salva e protegge, ed è ardente e luminosa come fuoco che illúmina e purífica, cosí è certo che chi si appòggia ad essa, non vedrà rimpicciolita la sua speranza, ma realizzerà sé stesso.

I profeti lo hanno fatto e la loro vita e predicazione sono state tutto un commento alla parola di Dio. Èrano uòmini dalla speranza gigantesca e per questa speranza avanzàvano sicuri come colonne di bronzo. Essi hanno ascoltato il richiamo interiore del Signore, si sono lasciati purificare dal fuoco della verità, e, accesi dallo zelo per la glòria di Dio e per la salvezza delle ànime, hanno predicato ciò che non passa. Cosí anche gli apòstoli, a partire dalla loro fragilità e umanità, hanno permesso a quella parola di entrare e còmpiere ciò che Dio voleva. Come vediamo dire oggi a Pietro: «Sulla tua parola getterò le reti»; cosí ciascún apòstolo avrà detto: “Sulla tua parola” mi correggo; “sulla tua parola” non avrò paura; “sulla tua parola” mi farò píccolo; “sulla tua parola” faticherò senza lamentarmi; “sulla tua parola” dirò che il nostro destino è il Cielo; “sulla tua parola” farò del Vangelo la mia ricchezza e della tua Provvidenza la mia sicurezza.

Ogni vocazione, non solo quella degli apòstoli, si regge su questa esperienza vitale di diàlogo con Dio; e in questo diàlogo Dio ha parole di vita eterna che non càmbiano nel tempo, ma che sono personali per ciascuno di noi.

Diceva sant’Isaia: «Poi io udii la voce del Signore che diceva: “¿Chi manderò e chi andrà per noi?”. Ed io risposi: “Èccomi, manda me!”» (Is 6, v.8). Un uomo che ascolta Dio, può fare poi quello che deve fare. La voce del Signore non manca neanche oggi e ascoltarla può farci èssere sicuri che il nostro dovere si còmpie dentro la volontà divina e non a prescíndere da essa. Ora, è volontà divina che l’uomo viva in gràzia, cioè come colui che riceve tutto. E Infatti il Salmista diceva: «Ti renderanno gràzie, Signore, tutti i re della terra, quando ascolteranno le parole della tua bocca». Questo perché non serve altro a chi governa, non serve altro a chi vuole èssere padrone della pròpria vita, che ascoltare le parole che Dio ci dice. Da questo ascolto-ubbidienza, il credente può verificare come Dio òpera. Infatti lo stesso Salmo dice poco dopo: «La tua destra mi salva. Il Signore farà tutto per me». Questa certezza non è infantilismo, ma vita nella Divina volontà. Chi riceve tutto da Dio, vede anche come Dio agisce nella sua vita in ogni tempo e condizione: nella salute e nella malattia; nel successo e nei fallimenti; quando i venti sono favorévoli e quando sono contrarî. Si vede la gràzia operare, trasformare, soccórrere, prevenire, superare le debolezze. San Pàolo, infatti, dice: «Per gràzia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua gràzia in me non è stata vana» (1 Cor 15, v.10).

Il Vangelo di oggi ci fa vedere la pesca miracolosa e la chiamata dei primi apòstoli come protòtipo di ogni chiamata. Sono a lavoro, e nella loro vita pòrtano Gesú, il quale parla per chi ha fame di ascolto e di verità, e le sue parole prodúcono benedizioni e novità di vita.

Questo accade per loro che sono dei pescatori, ma è accaduto a tanti santi che hanno avuto a cuore le parole del Signore.

Santa Fabíola, ad esèmpio, sulla sua parola ha chiesto perdono per il suo divòrzio dal primo marito, e per il matrimònio con il secondo, che la lasciò vèdova.

Sant’Antònio abate, ascoltando queste parole: «Se vuoi èssere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai pòveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!», divenne il mònaco del deserto che conosciamo.

Sant’Agostino, leggendo san Pàolo (Cfr Confess. VII, 21.27) apre gli occhî alla gràzia di èssere cattòlico e di non dovér faticare nel ricercare la verità.

Santa Giovanna d’Arco gràzie alla parola del Signore amò la pròpria pàtria e combatté per liberare la Frància dall’invasione inglese.

San Leopoldo Mandic, di fronte alla parola del Signore che vi sarà un solo gregge e un solo Pastore, si è impegnato a pregare per il ritorno al Cattolicésimo degli Orientali scismàtici.

San Giuseppe Cafasso fu grande formatore di coscienze e di sacerdoti, ma anche salvatore dell’ànima di 57 condannati a morte, perché amò la parola di Dio che òdia il peccato, ma insegna ad èssere misericordiosi come il Padre. Anche lui può dire: “Sulla tua parola” sono stato ciò che hai voluto che fossi.

Cari fratelli e sorelle, non c’è santo e non c’è cristiano autèntici di cui non si possa trovare questo legame vivo con le parole del Maestro, con le parole di vita eterna, con le parole che non pàssano di moda.

“Sulla tua parola”, Signore, vogliamo créscere e vívere nella vera ricchezza, nella vera abbondanza, nella vera sicurezza: quella che desídera non disubbidire alle tue parole, ma ama seguire le tue vie; cerca di piacerti e si sàzia della tua Legge (Cfr Sir 2, 15-17).

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